giovedì 9 agosto 2007

il sogno di Poldo


FRA MATTEO PUGLIARES
Quando il confine tra sogno e realtà diventa labile, quasi impercettibile, allora possono accadere eventi bellissimi e terribili allo stesso tempo.
Quando l’onirico si impossessa delle nostre esistenze, non si può rimanere svegli.
Occorre tuffarsi nel grande mare della fantasia, senza la paura di ritrovarsi, come può accadere, nei sogni di un tenero gattino.
Racconti intrisi di visioni e attualità, delirio e concretezza, illusione e crudezza, che pongono domande alle quali non è sempre facile rispondere.
Una raccolta di racconti scritti con maestria e fantasia non comune.

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5 commenti:

Anonimo ha detto...

Non è davvero facile, questa volta, decifrare il messaggio profondo ed ultimo che il solerte fra Matteo vuole darci con questa sua ennesima fatica letteraria, materializzatasi in un agile volumetto dalla copertina ammiccante ed enigmatica insieme.
Tuttavia ci sembra di dover ricorrere alla categoria del sogno per fissare un qualche punto fermo nel taglio narrativo scelto da fra Matteo che oscilla tra la semplicità della fiaba, che promana dalla prosa, e la complessità della costruzione simbolica, che denota la lunga consuetudine poetica dell’Autore.
E’ stato lo spagnolo Pedro Calderòn de la Barca ad intitolare il suo celebre dramma filosofico – teologico, in tre atti e in versi, “La vita è sogno” (La vida es sueno), aprendo una ininterrotta catena di approcci multipli ad un testo letterario.

E in qualche modo fra Matteo, in questa raccolta di racconti, dal primo, Il sogno di Poldo che apre il libro, all’ultimo, Il dipinto che lo chiude, non fa altro che dare volti – i volti dell’Amore - e nomi a quei sogni che gli hanno fatto compagnia fin da bambino.

E presto i vari racconti che compongono la raccolta di fra Matteo si trasformano in un’affollata galleria di donne (Maria, Anna, Sofia, Manuela, Giulietta, Laura, Agnese, Marianna Luciana, Ninetta, Francesca) che tentano una vita, per usare la metafora ungarettiana, in un frenetico alternarsi di eros e tanatos cui molto spesso l’Autore presta le sfumature del gergo dei disperati.

E’ quanto mai rischioso cercare, nei racconti di fra Matteo, frammenti autobiografici che pure si potrebbero ipotizzare sulla scorta di alcune sue decise affermazioni: “Io che sono un tipo che…” contenute in Favola a lieto fine? (pp. 13 – 17).

Le frequentazioni artistiche e letterarie dell’Autore emergono poi qua e là nella narrazione, permettendo collegamenti ipertestuali non forzati, come l’isolamento di Simbad il marinaio che richiama l’urlo di Munch: “Avrei voluto gridare a tutti perché io andavo al paese ma, indaffarati nei loro futili discorsi, nessuno mi avrebbe dato retta” (p. 34).

La lezione calviniana è trasparente nel racconto Uno con il mare (pp. 71 – 75) che rimanda alla levità de Le città invisibili, mentre ci conduce a Le intermittenze della morte di José Saramago il racconto Tutti tristi (pp. 95 – 98) con l’espressione “quasi morti”, eco dell’intuizione di Seneca: “noi, i provvisoriamente vivi”. A Italo Svevo, infine, si può naturalmente collegare Una vita (pp. 104 – 110).

Se volessimo tracciare una breve sintesi di una lettura in prima battuta de Il sogno di Poldo, potremmo dire che l’Autore è riuscito a trasportare nella dimensione onirica “il mare della solitudine e del dolore” (p. 72) nel quale ha tessuto i suoi racconti avvolgendoli, come gli è naturale, di poesia.

In questo modo fra Matteo ci aiuta a ricercare “la verità tra le foglie ingiallite della vita” (p. 99), mentre ci districhiamo tra le sue “screpolature” (p. 100) costretti, dalla modernità, a trafficare “sottili lastre di nulla” (p. 101), alla ricerca di quell’Amore che ci permetta di “sopravvivere alla noia mortale dei giorni sempre uguali e tristi” (p. 11), appunto.


GIOVANNI SPAGNOLO

Anonimo ha detto...

Non nascondo una certa meraviglia nel recensire questo volumetto che fra Matteo Pugliares ha intitolato “Il sogno di Poldo” (Edizioni Creativa). Quello che immediatamente meraviglia è la realisticità espressiva con la quale vengono affrontate certe situazioni. Il metodo adottato è quello del sogno che domina e predomina tutta la serie di brevi racconti, ma v’è anche tanta immaginazione e fantasia in stretto collegamento con la realtà; i sogni che vengono evocati hanno tutti un rapporto intrinseco con la realtà, ragion per cui, spesso, essi divengono realistici. I personaggi, solitamente inventati, hanno tutti caratteristiche di naturalità ed operano con spirito di autonomia. Quello che sorprende è la ricchezza inventiva dell’autore che, sebbene religioso, non disdegna di affrontare con linguaggio talvolta neorealistico, le situazioni più scabrose. Ritengo che un lettore, al di sopra di ogni sospetto, resti un po’ frastornato, per non dire disorientato, da un linguaggio moderno attinente ai tempi che viviamo. La apertura mentale di fra Matteo è quanto mai evidente, lo conferma il fatto che egli svolge un’intensa attività nella Gioventù Francescana che ha in lui un dinamico sostenitore. Per quanto concerne il contenuto c’è abbondanza di pianti e di lacrime, molti racconti s’incentrano sulla commozione, vi sono anche momenti di descrizione psicologica per elementi ai quali, pur nella loro realisticità, viene conferita molta concretezza alternata al fantastico ed all’immaginario, perfino all’inverosimile, come nel caso del suo corpo che, dilaniato dal treno in transito, si frammenta ed ogni pezzo opera come se fosse un essere vivente. Fra Matteo ha concretizzato con questo “Sogno di Poldo” quello che, sovente, i giovani inventano, immaginano, sognano, ossia un mondo frivolo, adescante, lusinghiero, ma anche deludente, insoddisfacente, che lascia sempre la bocca amara.

Pacifico Topa

Anonimo ha detto...

Per comprendere meglio l’essenza dei racconti di Fra Matteo Pugliares vi citiamo testualmente la dedica agli amici di Aphorism presente sulla prima di copertina: “Non fa male, a volte, rifugiarsi nei sogni. Non per sfuggire la realtà, ma per affrontarla con più forza e serenità”.
Da questa dedica prendono vita gli scritti di questo frate-poeta. Lo chiamiamo poeta e non scrittore, poiché questi racconti sono immagini poetiche che si seguono, sogni nei sogni, ma anche sogni come atti di redenzione, per un ritorno alla realtà che sa di purificazione. Si ritorna a vivere dopo il sogno, ma si ritorna anche a sognare. Messaggio emblematico che da queste righe traspare.
È il caso di regalarvi un assaggio di una descrizione in “Una notte d’amore” - titolo dello stralcio del racconto qui proposto - poetica e del tutto originale, raffigurante uno sguardo sul mondo, sull’universo, sulla natura del tutto proprio e mai banale:
“I lampioni si spensero ad uno ad uno, naturalmente solo quelli che dovevano spegnersi. Altri, invece, rimasero accesi tutta la notte ad illuminare chissà quali viandanti. Forse rimanevano accesi solo per illuminare le scene di gatti in amore o di topi impegnati a disturbarli, perché erano così tanto abituati ad essere inseguiti che non potevano più farne a meno. Ma i gatti quella sera non avevano più voglia di giocare con loro; erano sfrenatamente impegnati ad effondere carezze e baci d’amore. I lampioni che rimasero accesi quella sera, quasi per discrezione, si limitarono ad una luce soffusa, che si perdeva fino alla lontana collina, dove i lupi pensavano bene di fare serenate alle stelle che brillavano deliranti”.
Questo libro racchiude dei sogni, la penna di Fra Matteo riserba con calibrata sobrietà i sogni di una vita.

Anonimo ha detto...

Difficile esprimere con parole le sensazioni, le immagini che riesce ad evocare “Il Sogno di Poldo”, di Fra Matteo Pugliares.

Fra Matteo, Frate Minore Cappuccino, nato ad Augusta (SR), il 3 marzo 1972, vive a Modica (RG), qui si occupa di pastorale giovanile, in qualità di assistente regionale per la Sicilia della Gioventù Francescana. É direttore della collana “Le Pleiadi” per le Edizioni “Creativa” e della collana “Accademia della letteratura” del gruppo culturale “Parole Sparse”.

In un misto tra sogno e realtà i racconti racchiusi in questo libro trasportano il lettore in un mondo al confine con l’irreale, dove nulla è dato per scontato: tutto può succedere.

L’universo prende forma e assume le sembianze oniriche che l’autore ci trasmette con stupende pennellate descrittive: “Quella sera, la luna si chiamava Agnese e non aveva nessun’intenzione di turbare il sonno degli ubriachi che, dopo essere usciti dall’osteria, dormivano sulla soglia della loro casa. La luna contemplava quel disegno fantastico che, insieme alle stelle, ricordava al creato l’immensa opera di un artefice supremo, più un poeta che un Dio” (Notte d’amore).

Numerosi i colpi di scena che irrompono nel quieto scorrere della narrazione: “…Suonò la campana della fine dell’ora. Francesco sobbalzò: ancora una volta si era fatto prendere dalla fantasia. Sofia era solo frutto dei suoi sogni” (Sofia).

Una ricerca di se stessi e la scoperta di spettri sconosciuti che vagano nell’abisso del cuore dell’uomo: “Il fantasma mi rispose: «Io sono tutti e nessuno, io sono l’amore e l’odio. Io sono la folla, la paura e la solitudine. Io sono l’affetto, la vera ricchezza e la povertà. Io sono la normalità, i battiti del cuore, la politica e il tempo. Io sono la solidarietà, la vanità e il potere. Io sono il piacere, il pudore e la tentazione. Io sono la vecchiaia, la verità e l’amicizia. Io sono la morte. Io sono te! »” (Il fantasma di me stesso).

In un tempo in cui il “nulla” dilaga nei sogni dell’uomo, in cui il “materiale” divora l’essenza dell’anima, Fra Matteo con il suo libro schiude passaggi per nuovi mondi in cui anche gli Gnomi possono essere depositari e artefici di “intense notti d’amore”.




Vittorio Midolo

Anonimo ha detto...

ciao, mi ha colpita leggere di un libro di narrativa scritto da un monaco e ho deciso di comprarlo.....
ho iniziato da poco a leggerlo e devo dire che lo sto trovando veramente interessante, sicuramente da leggere.