Autori:
Cinzia
Demi - Rosa Elisa Giangioia - Daniele Gigli - Gianfranco Lauretano -
Antonio Melillo - Giancarlo Micheli - Andrea Muni - Neil Novello - Anna
MariaTamburini - Matteo Veronesi.
Se vogliamo
avvicinarci ad una prima definizione del termine mito, possiamo dire che
esso è la trasfigurazione d’un personaggio o d’una serie di fatti veri
che possiedono in sé realmente alcune qualità diverse da quelle
generalmente possedute dagli uomini, che tuttavia vengono ampliate dalla
fantasia collettiva e per questo divengono da un lato modelli da
imitare, dall’altro dei simboli di modi di essere a cui aspirare.
Possiamo avanzare una più complessa definizione di mito, per cui il
termine è legato a valori di cui l’uomo è rimasto privo, a qualcosa che
non c’è più, che è migliore perché è diverso, che può dare la vera
felicità perché la condizione in cui si vive non è soddisfacente. Il
concetto di mito contiene almeno due valenze: l’una è una proiezione
spesso istintiva, inconsapevole, emotiva e fantastica verso valori
ritenuti positivi, per cui il mito viene prodotto dall’inconscio
collettivo, dall’interno d’un gruppo d’individui che celebrano qualcuno o
qualcosa fuori di loro; quindi il personaggio mitico è identificabile
con una comunità, ma dalla comunità s’astrae, trascende da essa per
elevarsi a simbolo di realizzazione del singolo individuo; egli
rappresenta il fantastico che nasce dal reale, lo straordinario che
s’allontana dall’ordinario; il mitizzare è l’ingigantire da parte della
comunità, idealizzando, le qualità, senza considerare i difetti o i
limiti. Sembra che nella modernità si relativizzi il concetto di mito,
ma il relativismo è una contraddizione in termini: soltanto un principio
di misura superiore permette di dire che una cosa equivale ad un’altra,
o si differenzia, quindi il mito oggi non è da considerarsi diverso
concettualmente, praticamente si, dal mito antico. Per capirlo v’è
bisogno d’una dimensione storica, si deve accettare l’idea che l’atto
cognitivo col quale si attesta il mito è un riconoscere e che dunque al
principio della sua conoscenza prevale una reiterazione.
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