lunedì 27 dicembre 2010

Giallo Tufo di Francesco Escalona


Giallo Tufo di Francesco Escalona


Giallo Tufo è un Romanzo d’amore retto da una struttura governata dall’anima, ma è anche un giallo, sicuramente atipico: una morte improvvisa, una eredità, una indagine, diverse piste da seguire…; un viaggio investigativo, nello spazio e nel tempo, circondati da grandi e piccole storie. Con un finale rivelatore …

Segnalato da Rossana Di Poce


SACRIFICIO D LOVE


Un brano molto bello scritto da una ragazza di Trento, Annalisa Dolzan, classificatosi 1° nel concorso "Vita Nòva", pubblicato nell'inserto "Nòva" de "il sole 24 ore". In tale concorso si chiedeva ai candidati di realizzare un elaborato che meglio rappresentasse la nostra vita in un futuro remoto.
Inviato da Michele P.M.




SACRIFICIO D LOVE

Il mondo che verrà avrà i tuoi occhi: dolci e puri e carichi d’amore. Curiosi del mondo e comprensivi. A volte insondabili e tristi. Il mondo che verrà avrà il tuo calore: un abbraccio che mi fa sentire sicura e protetta, al posto giusto nell’universo.
Avrà la tua voce per parlare di ogni cosa, idee, pensieri, pernacchie e risate. Nel cuore, la tua anima candida e incorruttibile.Amor, ho trovato cuesta vekia page del 2075. Ella rakiude ciò que ancor provo x te.
Dear Leonardht, sapevo que se every huomo fosse stato come te, il planet stato sarebbe 1 place deño in cui live. Ero young & romantic, remember? Volevo rinascere stella x go cercarti, cometa da rincorrere nello universe. Gabbiano x ridere insieme alle palms la nostra phelicity d volare phino al sunset.

NON SONO + YOUNG & NON + INESXTA. HO PROPHESSATO IN CORTEI INTERNATIONAL LA NECESSITY D GOVERN LE NASCITE, LA FIGHT X RIDURRE HYPER-POVERTY & INJUSTICE SOCIALE. ORA NON +. ORA SO QUE LE COSE CHANGE.
TROVERAI MY LETTERS X RAKONTARTI L’EVOLUTION DEL WORLD. È DAL -16 BRUMAY 2089 QUE T SCRIVO & MI MANKI.
¿REMEMBER? ERA IL NOSTRO ANNIVERSARY. MY SECRET REGALO: PHARTI IBERNARE. NEL SORVETE AL LEMON, IL PHILTRO. T ADDORMENTASTI COME 1 ANGIOLO, MA IGNARO. NON ERO SURE SE AVRESTI XMESSOMI D PHARE CUESTO DONO AL WORLD. OGGI-SUX-OGGI È IL MOMENT DEL RISVEGLIO. HO SOPHERTO MUCHÍSIMO WITHOUT YOU MA ERA LA MIA UNICA CHANCE TO REALLY CHANGE THE WORLD.
OGGI SIAMO POKI A REMEMBER. DOPO LA 3° PACE KIMICA IL PLANET È CUASI DESERT, MA NATURE HA RIPRESO IL SUO CORSO & LE FORESTS HAN RICONCUISTATO ETTARI D TERRA, I PHIUMI SON RIKI D PEIXE; PHORME NEW D LIFE EXIST.
VEDRAI, AMOR, LE GIGANTI PHARPHALLE NELLO SKY & MINUSCOLE CUERCIE NEI PRATI, ¡MARGHERITE VIOLET E AL PROPHUMO D PETROLUEM ARVENSIS!

AMOR, HO SMESSO D INNEGGIARE PUDDIAN SLOGANS: SUPER-SOVRAPOPULATION & POVERTY, MISERY & OLIGARKY NON SONO +++ 1 MEGA-PROBLEMA. SIAMO POCHI-SUX-POCHI, 1 REAL OLD COMMUNITY ANKE SE NON TUTTI SPEAK LA MÊME LINGUA… MA IMPARERAI SUX-PRESTO, TU, I KNOW .
DEAR LEOH, PEACE REÑA OGGI NELLO UNIVERSE: 150.000 HUOMINI & DONNE, ANZIANI & CHILDREN ASPETTANO ¡“THE MIRACLE”! TOMORROW NASCERANNO 2 MILLIONS D CLONI TUOI & D JOSEFA HOLLERON, (1 SUX-DONNA SCELTA X LA MISSION): I CHILDREN DEI VOSTRI CLONI SARANNO BUONI-SUX-OTTIMI, SANI & AMOROSI, INTELLIGENT DEPOSITARI D SANI PRINCIPLES E PHORIERI D NEW IDEALS.
…. CERTO-VERO-CERTO…., AMOR, NON ESCLUDIAM 1 PO’ D CHAOS, (¡¡¡SOPRATTUTTO X LE COPPIE NEW!!!), MA TUTTOEVERYTUTTO ANDRÀ BIEN, VEDRAI.

LA NEW & XPHECT HUMANITY – CIANCIA DEI SIÈCLES PASSATI ¬¡DOMANI NASCERÀ!
BELIEVE ME, L’HO FATTO X LOVE & NON WORRY, AMOR, XKÈ NON CORRI DANGER. ANKE NOSTRO PHILHO JOLEFRON È CON TE & T HA VEGLIATO SEMPRE.
NON VEDO IL TIME D RIABBRACCIARTI, SENTIRE LA TUA VOICE & XDERMI NEI TUOI EYES. COMETA PHRA LE COMETE RAGGIUNGIMI DALLO STELLATO SKY.
SEMPRE-HYX-SEMPRE TUA, BERENYCHE

CASTELNEW A/A, -17 AUGUSTAIO 2149

Inviato da Michele P.M.

lunedì 20 dicembre 2010

Buon Natale e Felice Anno Nuovo

Auguri

La Vera Felicità
è dentro di te.
Non perdere tempo e
non fare sforzi inutili
per cercare soddisfazione, gioia e serenità
nel mondo esterno.
Ricordati che la felicità non consiste nell’avere ma solo nel dare.
Porgi …una mano.
Condividi. Sorridi. Abbraccia.
La felicità è un profumo che non puoi versare sugli altri senza ritrovarti con qualche goccia addosso.

Og Mandino
,

lunedì 13 dicembre 2010

Amabili resti di Alice Sebold


Amabili resti di Alice Sebold




RIASSUNTO


Susie Salmon, una normalissima ragazzina di 13 anni che viveva in una piccola città, un giorno tornando a casa è stata attirata da un vicino con la scusa di mostrarle una cantina che lui stesso aveva scavato sotto terra, incuriosita lo seguì, ma presto iniziò a sentirsi a disagio il quella piccola stanza sotterranea e voleva tornare indietro. Il vicino non gli e lo permise, la violentò e la uccise la stesso, la tagliò a pezzetti e, mentre i suoi familiari, a pochi metri di distanza, iniziavano a preoccuparsi e a cercarla ovunque, l'assassino tranquillamente si liberava dei resti, tenendo per se un piccolo bracialetto con dei ciondoli (ognuno con un particolare significato per la piccola Susie).

Dopo qualche giorno di ricedrche, il cane di altri vicini tornò con un gomito che la polizia analizzò e stabilì fosse della piccola scomparsa, da quel momento in poi si iniziò a cercare un cadavere e non più una bimba scomparsa. Nonostante l'evidenza il padre continuava a sperare e ad infondere fiducia alla moglie distrutta dal dolore, la figlia minore iniziava a rendersi conto di quello che era successo e il piccolo di quattro anni all'oscuro di tutto continuava a fare domande senza ottenere risposte.

All'atto della morte, quando l'anima della piccola Susie lascio il corpo per salire in cielo si scontrò con Ruth, una ragazza un pò solitaria che frequentava ala stessa scuola e che avvertì la sua presenza e ne rimasescossa e coinvolta per ilresto della sua vita. Secondo il libro ogni persona morta ha un suo cileo all'interno del quale si possono avere desideri da realizzare, escluso quello di tornare sulla terra, nel suo cielo Susie incontrò una bambina con la quale diventarono amiche e poi man mano il che il suo cielo si allargava conobbe altre persone. Susie trascorreva il suo tempo a guardare giù sulla terra e a cercare di comunicare, in particolare con il padre per aiutarlo a trovare i suoi resti e l'assassino.

Un giorno il padre si trovò ad andare dal vicino il Sig. Harvey, lo trovò che costruiva una strana tenda in giardino e si mise ad aiutarlo, chiacchierando con lui intuì che era l'assassino di sua figlia e ne parlò subito con la polizia, ma non fu creduto, e dopo questo incontro gli fu anche suggerito di non rivolgersi più alla polizia ma una volta avuta la certezza farsi giustizia da solo.

Nel frattempo il grande dolore iniziava a creare divisioni ed allontanamente in famiglia, specie fra i due coniugi. Una sera il Sig. Salmon vide delle luci dirigersi nel campo di granturco, dove era stao trovato sangue di Susie e da dove probabilmente proveniva il gomito trovato dal cane, così decise di andare a vedere, si trattava invece di una coppia di ragazzi che spaventatisi, la ragazza si mise ad urlare e il ragazzo a picchiare duramente, rompendogli una gamba. La polizia prese per pazzo il sig. Salmon e in ospedale la moglie ormai sfinita dal dolore e forse con tanta voglia di evadere da tutto si lasciò andare con il poliziotto che si occupava del caso, tradendo il marito.
Il Sig. Salmon rimase zoppicante, la moglie abbandonò tutti e la figlia Lindsey iniziò a condividere l'idea del padre.
Gli anni passarono e Susie dal suo cielo continuava a tentare di comunicare con la famiglia, un giorno Lindsey riuscì ad entrare nella casa del Sig. Harvey e trovò un album da disegno con il progetto della cantina, lo strappò e corse a casa mentre l'auto del vicino rientrava. Lindsey e il padre concordavano sempre di più sull'idea che lui fosse l'assassino e che Susie sicuramente non era stata la prima vittima e sicuramente neanche l'ultima. Il vicino si era accorto della visita, in sua assenza, di Lindsey e decise di partire, fu così che quando, anche la polizia che ritrovò il cadavere di una ragazzina con vicino un ciondolo di Susie, si rese conto di aver commesso degli errori e che lui era veramente l'assassino, di lui non c'era più traccia.

Gli anni passavano, i fratelli Salmon e gli amici del liceo crebbero, Buckley, il fratellino fu uno di quelli che soffrì di più la mancanza di affetto, e un giorno mentre litigava con il padre per degli indumenti di Susie, quest'ultimo ebbe un infarto, andarono tutti nello stesso ospedale dove era stato ricoverato dopo l'aggressione nel campo di granoturco, fu rintacciata anche la madre, e mentre si trovavano in ospedale il poliziotto che si era occupato del caso lo andò a trovare per consegnargli i nuovi ritrovamenti.

Susie dal suo cielo iniziava a rassegnarsi mentre ognuno dei suoi amici si faceva una sua vita, la sorella Lindsey era fidanzata, Ruth continuava ad essere strana, solitaria e a parlare con Susie perchè la aiutasse a ritrovarla, questo ormai divenne il suo destino, mentre il Sig. Harvey nel tentativo di compiere un altro stupro-omicidio morì schiacciato da delle lastre di ghiaccio.

martedì 7 dicembre 2010

Il Dodicesimo Angelo di Og Mandino


Il Dodicesimo Angelo di Og Mandino


RIASSUNTO


John Harding era un uomo di grande successo, nato e cresciuto in una piccola città del New Hampshire, Boland. Finiti gli studi John si era spostato per lavorare e fare carriera, fino ad ottenere la presidenza della Millennium, la terza produttrice di programmi di computer del mondo e decise insieme alla moglie Sally e al piccolo Rick di tornare a vivere a Boland data la poca distanza dal nuovo posto di lavoro.


L'intera cittadina fu onorata e felice del ritorno degli Harding tanto da organizzare una festa in loro onore, Sally entusiasta dell'evento spinse il marito e il figlio a partecipare all'evento, che diede grande soddisfazione e piacere a tutti i partecipanti.


La signora Harding, era una persona adorabile e molto socevole, nonostante si fossero trasferiti da poco, si stava già organizzando per completare il prima possibile l'arredamento della loro casa per poter organizzare un party con tutti i cittadini.


Non molti giorni dopo la festa in loro onore, proprio quando sembrava andasse tutto a meraviglia, un incidente automobilistico coinvolse l'auto in cui viaggiavano Sally e il figlioletto, persero la vita entrambi. Per molto tempo dopo i funerali la vita di John si svolse fra il letto e lo studio, dove nel cassetto della scrivania una calibro 45 continuava ad attirare la sua attenzione e voltantà, volontà di farla finita.


In uno dei momenti in cui chiuso nello studio, distrutto dal dolore, teneva in mano l'arma, si sentì chiamare dalla finestra, era un suo vecchio amico Bill West, dopo tantissimi anni di lontananza saputa la notizia, nonostante qualche problema di salute, che gli aveva impedito di partecipare ai festeggiamenti di benvenuto di Boland, si era precipitato da lui. Almeno per il momento John dovette abbandonare il suo progetto, non voleva di certo testimoni, per cui fece accomodare Bill e dopo un caldo abbraccio si sedettero e Bill cercò di capire come stava il suo amico, informandolo nel contempo, della preoccupazione dei vicini che non lo vedevano in giro dal giorno del funerale, gli chiese della Millennium e John dovette comunicargli di aver presentato le dimissioni pochi giorni dopo il funerale, non si sentiva più all'altezza del compito, non sentiva più motivazioni neanche per alzarsi la mattina, figurarsi per dirigere una delle più importanti società dello Stato. John disse anche che tali dimissioni non furono accettate, gli fu invece concesso un permesso di quattro mesi, a Bill comunque non disse che lui non aveva intenzione di tornare, aveva ben altri progetti.


Bill, forse resosi conto delle reali condizioni psicologiche dell'amico gli chiese un favore, portarlo a fare un giro, John cercò di rifiutare ma l'insistenza fu tale che non si sentì di non fare un favore ad un amico. Andarono.


Buona parte del viaggio trascorse in silenzio, mentre Bill guidava e si dirigeva allo stadio della Little League di Boland, dove avevano giocato da ragazzini e dove il cuore di John iniziava a battere energicamente di emozione solo all'avvicinarvisi, scesero dall'auto e entrarono per rivivere i ricordi dei tanti momenti belli trascorsi in quel luogo.


John dopo anni di assenza notava i pochi cambiamenti, che erano avvenuti e riaffondava nelle emozioni di un tempo. Ma il favore che gli chiedeva l'amico non era solo questo giro in macchina, Bill gli propose di partecipare come allenatore alla prossima stagione che iniziava tra poche settimane. Come poteva impegnarsi in un momento del genere, mentre la sua mente era impegnata a progettare la sua stessa fine. Bill insistette ancora una volta e lo saluto lasciandogli tempo per decidere.


L'indomani, John, fu svegliato dal ruggito del tagliaerba di Bobby Compton, che settimanalmente sistemava il giardino, si precipitò fuori, si salutarono e Bobby lo informò della preoccupazione della signora Rose Kelley, assunta dalla moglie per le pulizie e che da giorni provava a chiamare senza esito, fu così che il sig. Harding decise di richiamarla e il giorno stesso la signora Rose venne a riordinare la casa.


Il dolore era sempre immenso ma qualche piccola cosa sembrava stesse cambiando e quando Bill il giorno delle selezioni passò da casa di John, quest'ultimo si fece trovare davanti alla porta per andare, anche se pensieri contraddittori gli affollavano la testa. Allo stadio ritrovò vecchie conoscenze e ne fece altre, i ragazzini si allenavano e cercavano di farsi notare, a Bill e John fu affidata la squadra degli Angeli e fu stabilita la data in cui ogni squadra avrebbe scelto i giocatori.

lunedì 6 dicembre 2010

La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano


La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano


"I numeri primi sono divisibili soltanto per uno e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti tra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari"

Il romanzo racconta la storia di due persone, entrambe torinesi, Alice Della Rocca e Mattia Balossino, le cui vite vengono gravemente segnate da vicende accadute nella loro infanzia. Sebbene Torino non sia mai menzionata in modo esplicito, vengono fatti riferimenti alla chiesa della Gran Madre, dove si svolge il matrimonio di Viola Bai, alla basilica di Superga e all'ospedale Maria Ausiliatrice.

Alice viene presentata come una bambina di sette anni che pur odiando la scuola di sci e non mostrando alcuna attitudine particolare per questo sport, viene costretta a frequentarne un corso dal padre, che nutre grandi aspettative nei suoi confronti. Una mattina, Alice si separa dal resto del gruppo e, nel tentativo di tornare a valle, finisce in un dirupo rimanendo gravemente ferita. La ragazza rimarrà zoppa per il resto della vita.

Mattia è un bambino dotato ed intelligentissimo, al contrario della gemella Michela che invece è affetta da una grave forma di autismo. Isolato dal resto dei coetanei per via della sua "scomoda" sorella, Mattia vive la propria infanzia in solitudine. Poi, un giorno, per poter partecipare alla festa di compleanno di un compagno di classe, lascia la sorella in un parco, pensando di andarla a riprendere più tardi. Ma al suo ritorno Michela è scomparsa, probabilmente annegata in un fiume vicino.

Questi avvenimenti segnano profondamente la vita dei due ragazzi. Il racconto si sposta nel periodo della loro adolescenza: Alice soffre di anoressia ed è snobbata dai ragazzi per la zoppia. Con una vita sociale pressoché nulla, Alice attira l'attenzione di Viola Bai, compagna di classe molto popolare, che decide di ammetterla nel proprio giro di amicizie. Grazie all'incoraggiamento di Viola, Alice conosce Mattia. Quest'ultimo è un ragazzo problematico: non ha alcun interesse nelle interazioni sociali e ha una malsana attitudine all'autolesionismo.

Alice e Mattia stringono un'amicizia particolare: ognuno svolge la propria esistenza autonomamente, ma ogni volta tornano a cercarsi. Continuano a frequentarsi anche dopo il liceo, quando Mattia si iscrive a matematica e Alice sviluppa la propria passione per la fotografia. Nel frattempo, Fernanda, la madre di Alice, si ammala di un tumore e viene fatta ricoverare in ospedale. Lì, Alice conoscerà Fabio Rovelli, un giovane medico. Mattia intanto consegue la laurea ed ottiene un prestigioso posto di lavoro presso un'Università nell'Europa del Nord (probabilmente in Scandinavia), che non sa se accettare. In questo periodo della sua vita, Mattia racconta per la prima volta ad Alice la storia di Michela, e per la prima volta i due ragazzi si scambieranno un bacio. Ciò nonostante un litigio fra Alice e Mattia convince il ragazzo a partire. Alla fine Fernanda muore ed Alice sposa Fabio, mentre Mattia vive in solitudine all'estero.

Il matrimonio tra Fabio ed Alice declina lentamente: Fabio infatti vuole un figlio da Alice, ma lei, non avendo più le mestruazioni da anni per via dell'anoressia, non può restare incinta. La coppia si separa e Alice cade in depressione. Nel frattempo Mattia esercita con successo la professione di insegnante di topologia algebrica presso l'Università straniera, dove conosce un collega, Alberto, anch'egli italiano. I due fanno un'importante scoperta che riguarda l'algebra e vanno a festeggiare a casa di Alberto. In quell'occasione Mattia conosce una donna, Nadia, amica del collega, con cui passerà una notte di sesso. Alice decide di tornare in ospedale a chiarire il rapporto con Fabio: lì, invece di incontrare il marito, si imbatte in una ragazza che somiglia molto a Mattia, e che ad Alice fa tornare in mente Michela, la gemella scomparsa. Nonostante non sia sicura di quanto ha visto, Alice decide di chiamare Mattia senza però specificarne il motivo.

Mattia, pur non sapendo di cosa si tratti, accetta l'invito di Alice e torna in Italia. Alice non trova il coraggio di raccontare a Mattia ciò che credeva di aver visto, ma i due amici passano un pomeriggio insieme durante il quale la ragazza lo bacia, scoprendo così di essere ancora innamorata di lui. Nonostante ciò non riescono a superare il muro di solitudine che li separa, e Mattia ripartirà senza che il loro rapporto abbia avuto alcuno sviluppo.

I due ragazzi sono infatti paragonati a due numeri primi gemelli (numeri primi solitari ed isolati, ma vicinissimi fra loro, poiché la loro differenza è 2): accomunati dalle stesse particolarità, attratti l'uno verso l'altra, non riescono mai ad unirsi, perché divisi da un invalicabile ostacolo.

venerdì 3 dicembre 2010

Divina Commedia - Inferno (Canto II)



Divina Commedia - Inferno (Canto II)



Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno 3

m’apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra. 6

O muse, o alto ingegno, or m’aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate. 9

Io cominciai: "Poeta che mi guidi,
guarda la mia virtù s’ell’è possente,
prima ch’a l’alto passo tu mi fidi. 12

Tu dici che di Silvïo il parente,
corruttibile ancora, ad immortale
secolo andò, e fu sensibilmente. 15

Però, se l’avversario d’ogne male
cortese i fu, pensando l’alto effetto
ch’uscir dovea di lui, e ’l chi e ’l quale 18

non pare indegno ad omo d’intelletto;
ch’e’ fu de l’alma Roma e di suo impero
ne l’empireo ciel per padre eletto: 21

la quale e ’l quale, a voler dir lo vero,
fu stabilita per lo loco santo
u’ siede il successor del maggior Piero. 24

Per quest’andata onde li dai tu vanto,
intese cose che furon cagione
di sua vittoria e del papale ammanto. 27

Andovvi poi lo Vas d’elezïone,
per recarne conforto a quella fede
ch’è principio a la via di salvazione. 30

Ma io, perché venirvi? o chi ’l concede?
Io non Enëa, io non Paulo sono;
me degno a ciò né io né altri ’l crede. 33

Per che, se del venire io m’abbandono,
temo che la venuta non sia folle.
Se’ savio; intendi me’ ch’i’ non ragiono". 36

E qual è quei che disvuol ciò che volle
e per novi pensier cangia proposta,
sì che dal cominciar tutto si tolle, 39

tal mi fec’ïo ’n quella oscura costa,
perché, pensando, consumai la ’mpresa
che fu nel cominciar cotanto tosta. 42

"S’i’ ho ben la parola tua intesa",
rispuose del magnanimo quell’ombra,
"l’anima tua è da viltade offesa; 45

la qual molte fïate l’omo ingombra
sì che d’onrata impresa lo rivolve,
come falso veder bestia quand’ombra. 48

Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch’io venni e quel ch’io ’ntesi
nel primo punto che di te mi dolve. 51

Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi. 54

Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella: 57

"O anima cortese mantoana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto ’l mondo lontana, 60

l’amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che vòlt’è per paura; 63

e temo che non sia già sì smarrito,
ch’io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito. 66

Or movi, e con la tua parola ornata
e con ciò c’ ha mestieri al suo campare,
l’aiuta sì ch’i’ ne sia consolata. 69

I’ son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare. 72

Quando sarò dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui".
Tacette allora, e poi comincia’ io: 75

"O donna di virtù sola per cui
l’umana spezie eccede ogne contento
di quel ciel c’ ha minor li cerchi sui, 78

tanto m’aggrada il tuo comandamento,
che l’ubidir, se già fosse, m’è tardi;
più non t’è uo’ ch’aprirmi il tuo talento. 81

Ma dimmi la cagion che non ti guardi
de lo scender qua giuso in questo centro
de l’ampio loco ove tornar tu ardi". 84

"Da che tu vuo’ saver cotanto a dentro,
dirotti brievemente", mi rispuose,
"perch’i’ non temo di venir qua entro. 87

Temer si dee di sole quelle cose
c' hanno potenza di fare altrui male;
de l'altre no, ché non son paurose.
90

I’ son fatta da Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d’esto ’ncendio non m’assale. 93

Donna è gentil nel ciel che si compiange
di questo 'mpedimento ov'io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.
96

Questa chiese Lucia in suo dimando
e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando -. 99

Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov’i’ era,
che mi sedea con l’antica Rachele. 102

Disse: - Beatrice, loda di Dio vera,
ché non soccorri quei che t’amò tanto,
ch’uscì per te de la volgare schiera? 105

Non odi tu la pieta del suo pianto,
non vedi tu la morte che ’l combatte
su la fiumana ove ’l mar non ha vanto? -. 108

Al mondo non fur mai persone ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com’io, dopo cotai parole fatte, 111

venni qua giù del mio beato scanno,
fidandomi del tuo parlare onesto,
ch’onora te e quei ch’udito l’ hanno". 114

Poscia che m’ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse,
per che mi fece del venir più presto. 117

E venni a te così com’ella volse:
d’inanzi a quella fiera ti levai
che del bel monte il corto andar ti tolse. 120

Dunque: che è perché, perché restai,
perché tanta viltà nel core allette,
perché ardire e franchezza non hai, 123

poscia che tai tre donne benedette
curan di te ne la corte del cielo,
e ’l mio parlar tanto ben ti promette?". 126

Quali fioretti dal notturno gelo
chinati e chiusi, poi che ’l sol li ’mbianca,
si drizzan tutti aperti in loro stelo, 129

tal mi fec’io di mia virtude stanca,
e tanto buono ardire al cor mi corse,
ch’i’ cominciai come persona franca: 132

"Oh pietosa colei che mi soccorse!
e te cortese ch’ubidisti tosto
a le vere parole che ti porse! 135

Tu m’ hai con disiderio il cor disposto
sì al venir con le parole tue,
ch’i’ son tornato nel primo proposto. 138

Or va, ch’un sol volere è d’ambedue:
tu duca, tu segnore e tu maestro".
Così li dissi; e poi che mosso fue, 141

intrai per lo cammino alto e silvestro.


PARAFRASI


Il giorno finiva, e l’ oscurità faceva interrompere ai vivi in terra le loro fatiche; io solo mi preparavo a sostenere il travaglio fisico e morale (del viaggio), che la memoria, esatta nel trascrivere ciò che ha appreso, narrerà. O Muse, o mia forza intellettuale, soccorretemi; o memoria, che porti impressa in te la mia visione, qui apparirà il tuo valore. Io cominciai con queste parole: "Poeta, mia guida, guarda se le mie capacità sono sufficienti, prima di affidarmi all’arduo passaggio. (Nell’Eneide) tu narri che il padre di Silvio (cioè Enea, che generò Silvio da Lavinia), mentre era ancora in vita, andò nel mondo dei morti (immortale: perché in esso le anime hanno vita eterna), e fece ciò in carne e ossa. Ma, se Dio (l’avversario d’ogni male) fu con lui cortese, riflettendo sull’importanza dei risultati ( Roma, la sua storia, il suo impero) che avrebbero avuto in Enea la loro origine, e sulle sue qualità personali e sulla sua stirpe regale, la cosa non appare ingiustificata a chi ragiona; poiché egli fu prescelto da Dio come capostipite della nobile Roma e del suo impero: Roma e il suo impero, se vogliamo essere esatti, furono costituiti da Dio per preparare il luogo sacro dove ha sede il pontefice, successore del grande Pietro. A causa di questa discesa ( nel regno dei morti), di cui (nel tuo poema) lo hai considerato degno, apprese fatti (il padre Anchise gli pronosticò il felice esito dei suoi travagli e la grandezza di Roma) che furono le premesse della sua vittoria (nella guerra contro i Latini e i loro alleati) e dell’autorità papale. La seconda discesa nell’oltretomba è quella di San Paolo, l’eletto da Dio, il quale vi andò per trarne forza per la diffusione della fede cristiana, senza la quale la salvezza è impossibile. Ma qual è il motivo per il quale io devo intraprendere questo viaggio? chi mi autorizza a farlo? Non sono né Enea né San Paolo: né io mi ritengo all’altezza del compito, né qualcun altro me ne ritiene degno. Perciò, se, per quel che riguarda questo viaggio, m’induco ad acconsentire, temo che la mia venuta (nell’oltretomba) sia temeraria: sei saggio; sei in grado di comprendere meglio di quanto io non sia in grado di esprimermi E nello stato d’animo di chi cessa di volere ciò che ha voluto prima e cambia intento per il sopraggiungere di nuovi pensieri, in modo da scostarsi dal proposito iniziale, venni a trovarmi io su quel buio pendio (e scesa nel frattempo la notte), perché portai a termine, col pensiero ( prevedendone tutti gli ostacoli e rendendomi conto della sua folle temerarietà), l’impresa cui mi ero accinto con tanta baldanza. "Se ho capito bene il tuo discorso" rispose l’ombra di Virgilio, "il tuo animo è fiaccato dalla pusillanimità: essa molte volte ostacola l’uomo tanto da allontanarlo da un’impresa onorata, così come una ingannevole apparenza fa volgere indietro una bestia quando si adombra. Perché tu ti liberi da questo timore, ti esporrò il motivo per cui sono venuto (in tuo aiuto) e ciò che udii quando per la prima volta sentii pietà per il tuo stato. Mi trovavo (nel limbo) tra coloro che sono in una condizione intermedia tra i beati e i dannati al fuoco eterno, quando fui chiamato da una donna di tale bellezza e soffusa di tanta letizia, da essere indotto a pregarla di comandare. La luce dei suoi occhi vinceva quella delle stelle; e cominciò a parlarmi dolcemente e pacatamente, con voce d’angelo: "O cortese anima mantovana, la cui fama dura ancora fra gli uomini, ed è destinata a durare tanto a lungo quanto durerà il mondo, colui che è amato da me, ma non dalla sorte, ha trovato tali ostacoli sul deserto pendio del colle, che si è già volto indietro per la paura; il mio timore è che egli si sia a tal punto nuovamente perduto (nel buio del peccato), da rendere ormai tardivo (e quindi inutile) il mio aiuto, per quel che di lui mi è stato riferito in cielo. Va dunque, e aiutalo sia con la tua eloquenza sia con tutto ciò che altrimenti occorra per la sua salvezza, in modo da rendermi contenta. Io, che ti invito ad andare, sono Beatrice; vengo dal cielo, dove desidero tornare; sono stata spinta (fin qui) da amore e amore ha ispirato le mie parole. Quando sarò davanti a Dio, spesso Gli parlerò degnamente di te." Allora tacque, e poi io cominciai: "O signora di virtù, per la quale virtù soltanto il genere umano è superiore ad ogni altro essere contenuto dal cielo (quello della Luna) che compie (nel suo moto di rotazione intorno alla terra) i giri più piccoli, il tuo comando mi è così gradito, che, se anche avessi iniziato ad obbedirti, mi sembrerebbe pur sempre d’aver fatto tardi; più non occorre che tu mi manifesti: il tuo volere. Dimmi piuttosto il motivo per cui non temi di scendere qua in basso, nel centro dell’universo ( occupato appunto dall’inferno), dal luogo sconfinato (I’Empireo), dove bruci dal desiderio di ritornare." "Poiché vuoi penetrare tanto in profondità con la tua mente, ti dirò in breve perché non temo di scendere nell’inferno" mi rispose. Conviene temere soltanto quelle cose che possono arrecare danno; le altre no, poiché non sono temibili. Dio mi creò, per sua grazia,tale che la vostra miseria di peccatori non mi tocca, né possono attaccarmi le fiamme infernali. Nel cielo una donna gentile (la Vergine) ha compassione per queste difficoltà verso le quali io ti mando (a liberare Dante), tanto da mitigare la severità della giustizia divina. Questa chiamò Lucia e disse: "Il tuo fedele ha ora bisogno di te, ed io a te lo raccomando". Lucia, nemica di ogni crudeltà, si mosse, e venne dove io sedevo insieme all’antica Rachele. Parlò: - Beatrice, vera gloria di Dio (loda: lode, in quanto la sua perfezione torna a gloria di chi la creò), perché non aiuti chi tanto ti amò, colui che, per amor tuo, seppe elevarsi sulla turba dei mediocri? non odi il suo pianto angoscioso? non vedi il pericolo della dannazione che lo assale sul fiume (del peccato), sul quale il mare non può vantare la sua forza? Sulla terra non ci furono mai persone così pronte a perseguire il loro utile e a evitare ciò che potesse danneggiarle, come fui pronta io, dopo che tali parole mi furono dette, nello scendere fin quaggiù dal mio seggio di beata, confidando nella tua nobile eloquenza, che onora sia te sia quelli che l’hanno intesa (traendone profitto spirituale)." Dopo avermi dette queste cose, volse verso di me gli occhi lucidi di lagrime; e per questo mi rese più sollecito a venire (dove tu eri); e come Beatrice volle venni da te; ti portai via dal cospetto della lupa, che t’aveva impedito di raggiungere per la via più breve la cima del colle. Che hai dunque? perché, perché indugi ? perché accogli in cuore tanta pusillanimità? perché non hai coraggio e schietta fiducia in te stesso? dal momento che tre beate tanto potenti perorano la tua causa davanti al tribunale di Dio, e che le mie parole promettono (al tuo viaggio) un esito così felice? " Come i gracili fiori, prostrati a terra con le corolle serrate per difendersi dal freddo della notte, appena li rischiara all’alba il primo raggio di sole si ergono sui loro steli con le corolle tutte aperte, così mi ripresi dal mio precedente stato di abbattimento, e tanto coraggio entrò nel mio animo, che cominciai (a parlare) libero da ogni timore: "Oh misericordiosa colei che mi venne in aiuto! e te generoso, che non hai tardato a prestare obbedienza alle veritiere parole che ti indirizzo! Col tuo ragionamento mi hai a tal punto predisposto l’animo con desiderio al viaggio, che sono tornato ad avere l’intenzione che avevo in origine. Incamminati dunque, poiché un’unica volontà ci governa: siimi guida, padrone, maestro. " Cosi parlai; ed essendosi egli avviato, entrai (dietro a lui) nell’arduo e orrido cammino.