Francesco De Gregori
(1983)
Butterò questo mio
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Recensione
Nuovo, appassionato esercizio di avvicinamento al mistero della vita, attraverso il reale, il mitologico, il mescolare parole antiche e contemporanee, per confondere e illuminare in un solo istante. È questo il percorso che ci propone Luca Militello nel suo Quadrifoglio, senza paura di attingere dagli antichi meandri della cultura e renderli nuovi.
Emerge una poesia nuda e viva, costruita attraverso una serie di "incontri", pensieri, movimenti creativi, cadenzati da un profumo remoto. Parole, quelle di Militello, che indicano riflesso e mobilità, che si appropriano del ritmo vibrante dell’anima che, a volte, grida e protesta in una sorta di empatia corale, altre volte, s’insinua dentro le pause di un silenzio o di un vuoto enorme, dal quale affiora la Musica.
L’infanzia, gli amori, i vuoti, gli spifferi della vita, il chiedersi la ragione dei trambusti, i sogni realizzati e quelli che crollano, liberano con le parole altra musica, cuore d’ogni verso, capace di bucare il cielo, spazio breve ed ultimo, eppure infinito.
Non so quanto Militello ne sia cosciente, ma la sua poesia, pur nella acerbità della sua giovane età, riesce a svelare capacità di ricercare un senso, di coinvolgere il lettore e fargli respirare la vita, in barba a coloro che dicono che la poesia non ha più niente da dire; e, invece, è poesia che accompagna il cammino dell’esistenza. Constatazione confortante, in un mondo che tende a negare l’interiorità per accaparrarsi l’ultima apparenza, in un mondo che ha paura di parole che t’inducono a riflettere, a meditare, a filosofare, ad ascoltare Un cigno che canta prima di morire.
Matteo Pugliares
Luca Carboni
P. Neruda